LA VALORIZZAZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA

di Andrea Piccaluga

CAP. 6 - LA VALORIZZAZIONE DELLA RICERCA INDUSTRIALE NELLE TLC: DA CSELT A TILab)

di Andrea Piccaluga e Alberto Di Minin

6.1 La recente, intensa evoluzione nel settore delle telecomunicazioni

Nel corso degli anni 90, i centri di ricerca, in particolare quelli operanti nel settore delle telecomunicazioni, hanno vissuto profondi cambiamenti, interpretabili attraverso una duplice chiave di lettura. La presenza di nuovi soggetti, grazie alla deregolamentazione avvenuta nel settore su scala internazionale, ha reso i mercati molto più fluidi e complessi; inoltre, l’avvento di nuovi business e la flessibilità di adattamento a nuove tecnologie hanno aumentato la competitività di realtà emergenti di piccola e grande dimensione, che spesso hanno adottato strategie basate sul contenimento dei costi di struttura, ed in particolare di quelli relativi alla R&S. Anche i tradizionali operatori monopolisti hanno cercato di cogliere le opportunità determinate da questa nuova realtà, ponendo nuove esigenze, obiettivi e anche pressioni sui propri centri di R&S.

La conseguente volontà di poter contare su fonti di finanziamento sicure, anche provenienti da soggetti esterni al gruppo di appartenenza, ha aumentato l'attenzione nei confronti dello sfruttamento di esternalità derivanti dall'attività di ricerca commissionata dai clienti di diversa natura. Nuove forme di business e nuove competenze sono state di conseguenza adottate da altri ambiti competitivi. Tra queste, per esempio, lo sviluppo di imprese spin-off e di incubatori per lo sviluppo e la commercializzazione di brevetti ed invenzioni realizzate nel corso dello svolgimento della normale attività di ricerca. Si vedrà in seguito che da una strategia di trasferimento sul mercato di prodotti e servizi sviluppati nei laboratori dei vari centri, molto spesso si passa all'obiettivo di attrarre idee ed iniziative attraverso forme di venture capital tecnologico, ed in generate vengono adottate strategie più marcatamente imprenditoriali già nelle fasi a monte del processo innovativo.

Prima di affrontare queste tematiche in relazione al caso Cselt/Telecom Italia Lab (TILab), può essere utile un breve riepilogo dei più recenti sviluppi del settore delle TLC.

L'introduzione e lo sviluppo di nuove tecnologie e protocolli informatici, nonché la diminuzione dei prezzi di una vasta gamma di prodotti e servizi ad elevato contenuto tecnologico, hanno determinato l'avvento di quella che viene spesso denominata la società dell'informazione (IS). Infatti, un crescente numero di imprese si basa sull'utilizzo di informazioni di varia natura per la comprensione delle esigenze dei clienti potenziali, per la produzione, per la pubblicità, per la commercializzazione, indipendentemente dal settore industriale di attività, o meglio, con modalità diverse a seconda del campo di attività. L'informazione è da tempo diventata di per sé un prodotto, oggetto di un autonomo settore di business, sebbene trasversale a tutti gli altri.

La domanda che gli operatori economici sovente si pongono è allora come trasformare la società odierna in una sorta di "impresa globale" in l’informazione viene creata, distribuita ovunque e resa accessibile da ogni luogo, attraverso una infrastruttura pervasiva e opportune interfacce e terminali. Il concetto di IS come impresa globale implica la presenza di un ambiente in cui la produzione avviene su scala globale, e in cui ognuno può fare leva sui contributi degli altri per aggiungere valore, così come avviene nelle aziende di successo (il cui prodotto è il risultato dell'integrazione dei risultati dei singoli team: migliori sono i processi di integrazione dei contributi individuali, più efficienti e di successo sono le aziende).

Le risposte sono difficili da trovare, dato che vanno adattate alle culture locali, all'ambiente, e probabilmente sono destinate a cambiare con il passare del tempo. Sicuramente quella della tecnologia è solo una parte, importante ma pur sempre solo una parte, dell'evoluzione verso la IS, dato che il ruolo principale verrà con ogni probabilità svolto dagli aspetti politici ed economici. Dal punto di vista delle tecnologie, che è il principale che verrà trattato in questa trattazione, si può affermare che le basi per lo sviluppo dell'IS già esistono. Essa comunque non riguarda ogni luogo del mondo, né l'infrastruttura su cui si basa è al momento sufficiente a trasportare 1'enorme quantità e varietà di informazioni già disponibili. L'infrastruttura è, in generale, basata su network di TLC, anche se altri network (sia per la lunga distanza che per le reti di accesso) vengono normalmente utilizzati; iniziano comunque a sorgere i problemi legati all’adozione di paradigmi di traffico molto differenti.

La IS richiede una infrastruttura di presenza virtuale, cioè una infrastruttura di comunicazione che fornisca impianti e che permettano alle per­sone e alle informazioni di essere virtualmente nello stesso luogo (presenza virtuale). Ciò richiede una certa larghezza di banda, elevata capacità dei terminali, applicazioni e intelligenza avanzate.

Più in generale, i requisiti tecnologici da soddisfare per la piena implementazione della IS sono:

Il cuore della IS è costituito dalle informazioni e dai servizi, elementi che ovviamente sono legati da una relazione di dipendenza reciproca con il mezzo destinato a trasportarli, cioè il network. Informazioni e servizi richiedono per il loro uso, reperimento e per la determinazione del prezzo, un elevato livello di intelligenza, che deve essere localizzata o a livello di infrastruttura o presso gli end users. II modo in cui questa intelligenza è gestita e dove essa vada appunto localizzata sono oggetto di intensi studi e di continui processi di trasformazione: diversi tipi di architetture sono oggetto di studio da parte dei centri di ricerca di tutto il mondo. In particolare, sia nel mondo delle TLC che in quello IT si sta lavorando per realizzare la necessaria infrastruttura di comunicazione. Il tentativo è quindi quello di superare lo "scontro" tra IT a TLC a vantaggio delle seconde, nel senso che oggi il fulcro dell'attenzione è indubbiamente la comunicazione e della tecnologia utilizzata poco importa all'utente.

6.2 I centri di ricerca nel settore TLC e l'evoluzione della "network economy"

A partire dalla seconda metà degli anni '90 molti centri di ricerca di grandi aziende high-tech hanno subito profonde modifiche nella loro mission e nella loro struttura. Questo fenomeno è da attribuirsi ad una serie di fattori tra di loro collegati e i cui effetti non si sono ancora manifestati in pieno. In particolare, la deregolamentazione e successiva privatizzazione di settori chiave per lo sviluppo dei servizi e dell'infrastruttura dell'information society, lo sviluppo di nuovi mercati e nuovi paradigmi di business e le recenti dinamiche sui mercati finanziari hanno avuto importanti conseguenze e pressioni sui vari centri di ricerca.

Di seguito ci concentreremo in particolare sull'analisi delle dinamiche che hanno caratterizzato negli ultimi anni i centri di ricerca di imprese operanti nel settore delle telecomunicazioni, ed in particolare ci occuperemo del caso del Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni spa (Cselt), società del Gruppo Telecom Italia, e centro di R&S per il più grande operatore telefonico italiano, che ultimamente ha integrato la Business unit venture capital di Telecom Italia, assumendo il nome di Telecom Italia Lab.

Il settore delle TLC è stato al centro di intense evoluzioni negli ultimi anni. In particolare, ci sono stati degli importanti cambiamenti istituzionali che hanno reso tutto il settore molto diverso rispetto agli anni '80.

In primo luogo, come è più volte accaduto nel corso dell'era moderna, l'introduzione di nuove tecnologie (o in certi casi lo sviluppo di elementi tecnologici già consolidati) ha dato luogo alle basi per la nascita di mercati nuovi e la crescita di quelli tradizionali, in contesti assolutamente inediti e dinamici. L'ulteriore sviluppo di protocolli di comunicazione già consolidati, l'introduzione di nuove metodologie per il trasferimento di informazioni, l'abbattimento dei costi di produzione di diversi elementi di hardware, hanno determinato il rapido sviluppo della network economy in contesti particolarmente innovativi, sia per il settore business to business che per il settore business to consumer. Talvolta queste innovazioni sono il frutto di processi di standardizzazione programmata ai quali hanno lavorato sia gli operatori telefonici che imprese manifatturiere, come nel caso del Gsm.

In secondo luogo, l’iniziale atteggiamento pionieristico delle aziende della new economy è stato nel corso degli ultimi anni affiancato da una strategia meno aggressiva e più tradizionale. Questo in particolare per la sopravvenuta complessità dei problemi gestionali riscontrati dalle nuove società, e per il ragguardevole aumento degli investimenti necessari per il loro sviluppo, che ha portato ad una maggiore difficoltà di reperimento dei fondi necessari su mercati finanziari molto diffidenti.

In terzo luogo, la letteratura manageriale sta recuperando il ritardo nei confronti dell'improvviso sviluppo di questi nuovi fenomeni, ed è oggi in grado di fornire informazioni e modelli, sempre più utili per il management della network economy.

In quarto luogo, le grandi società della old economy, le più importanti software house, le compagnie operanti nel settore delle telecomunicazioni ed i gruppi editoriali hanno raccolto la sfida rappresentata da questo nuovo mercato. La loro presenza è stata accompagnata dall’entrata in campo di ingenti risorse finanziarie e una consolidata expertise, con cui hanno profondamente modificato le dinamiche industriali e la natura stessa della network economy.

Inoltre, in un contesto caratterizzato dalla ricerca di nuovi equilibri e dalla definizione di nuovi paradigmi, la dinamicità continua ad essere molto elevata, e l'introduzione di nuovi protocolli, il potenziamento delle prestazioni e dei servizi, rende possibile giorno dopo giorno l'individuazione di inedite applicazioni e mercati. Allo stesso tempo ciò ovviamente comporta l'abbreviazione del ciclo di vita di prodotti e servizi appena introdotti. Infatti, la "corsa all'oro tecnologico", sebbene non esaurita, sta vivendo un momento particolarmente critico, come dimostrano le pessime performance dei titoli tecnologici sulle principali piazze finanziarie. L'attenzione ai costi è in genere aumentata, perché le esigenze di reperimento dei fondi necessari all’espansione o al consolidamento dell’attività l'hanno reso necessaria.

E scontato che in un contesto del genere, il ruolo svolto dai grandi centri di ricerca sia fondamentale. La dinamicità del settore comunque, ha pesantemente influenzato l'applicazione di nuovi criteri e modelli organizzativi, soprattutto per quei centri abituati a lavorare in contesti e mercati abbastanza consolidati, dove non sono mai mancate le risorse da dedicare "a fondo perduto" per l'attività di exploration .

Le richieste dei committenti sono però diventate via via sempre più orientate all’exploitation di risultati misurabili, immediati, e di alto valore aggiunto. Ovviamente il rischio di questa tendenza allo short-termism è l'impoverimento delle competenze e delle capacità di essere trend-spotter per il lungo periodo.

La ricerca di un giusto equilibrio tra exploration ed exploitation sta rappresentando in questi anni una delle chiavi di lettura più interessanti per l'analisi dei cambiamenti in corso nei grandi centri di R&S. In particolare, il settore delle telecomunicazioni è un interessante esempio di questo fenomeno.

I centri di ricerca TLC nascono, nel corso del '900, per risolvere problematiche di carattere infrastrutturale, per l'analisi dei materiali e delle tecnologie da utilizzare per ottenere i migliori risultati per lo sviluppo delle varie reti. Oggi, le grandi sfide rappresentate dal servizio universale, dall'utilizzo dei satelliti e della fibra ottica, sono state affiancate dall'esigenza di integrare le TLC con le problematiche dell'IT.

In pratica, se da un lato le Information Technologies forniscono alle telecomunicazioni un ambito nuovo per poter gestire vecchi e nuovi servizi, dall’altro, la rete telefonica rappresenta tuttora l'ossatura della cosiddetta information society, che nonostante gli enormi progressi nell'efficacia dei nuovi protocolli, deve pur sempre fare i conti con i limiti e le possibilità offerte dal veicolo di trasmissione dei dati. L'attività di ricerca nel settore delle TLC rappresenta pertanto una fase importante per lo sviluppo dell’IS; si può parlare a questo proposito di una significativa dominanza delle compagnie tecnologiche, le quali sono dovute entrare in un’arena competitiva assolutamente nuova, misurandosi con nuovi partner, fornitori e clienti.90. Le ricerche sull'optoelettronica stanno perseguendo questi obiettivi, e una delle sfide più importanti, che sta impegnando risorse a livello mondiale, è l'abbattimento dei costi. Molta strada è già stata percorsa nella direzione di fornire alte capacità di trasmissione sulla rete a lunga distanza a costi relativamente contenuti. I problemi affrontati oggi dalla ricerca sono essenzialmente due, nonostante l'evoluzione delle tecnologie in questi campi renda questioni diverse cruciali o non più critiche anche nel giro di pochi mesi:

È ovvio che i vantaggi da first mover in questo settore potrebbero essere notevoli, soprattutto se il salto di qualità tra una tecnologia e l'altra sarà caratterizzato dall'introduzione di una strumentazione a carattere proprietario. Nonostante ciò le applicazioni finora sperimentate delle tecnologie digitali sembrano essersi prestate bene alla possibilità di imitazione. Inoltre, i rischi connessi con atteggiamenti piuttosto aggressivi sono pure da tenere in considerazione. Spesso l’attività di ricerca, lo sviluppo e soprattutto l’implementazione di nuove strade sono associate a spese non indifferenti. Pertanto sembrerebbe prevalere, tra gli operatori, una certa riluttanza a fare “la prima mossa”, privilegiando un atteggiamento di fast follower.

Oggi la maggior parte delle ricerche nel campo della microelettronica per le TLC sono orientate alla progettazione e allo sviluppo. Per quest'ultimo, l’enfasi è sulla sintesi virtuale, uno strumento che dovrebbe consentire di abbreviare i tempi di sviluppo. Altri filoni di ricerca sono nell'area dei chip a bassa potenza (si stima che si avrà una crescita di potenza consumata da un chip da 4 a 8 volte nei prossimi 10 anni per far fronte alle maggiori funzionalità che saranno rese disponibili e questa sarebbe ancora maggiore se lo sviluppo tecnologico non consentirà di contenerla) e nella progettazione contemporanea di hardware e software per ottenere il miglior bilanciamento tra le due tecnologie.

Le tecnologie radio rispondono innanzitutto a bisogni importanti cui la gente si è rapidamente abituata e che saranno ancora più sentiti via via che la nostra vita dipenderà sempre più dalla disponibilità di informazioni, senza contare l’ormai imminente commercializzazione di prodotti che sfruttano lo standard UMTS, facendo entrare a pieno titolo questo tipo di applicazioni tra i settori "caldi" dell'IS.

La ricerca punta ad aumentare la copertura e le capacità di trasmissione radio. Ciò richiede studi di propagazione e sulle antenne, sia per la comunicazione a livello terrestre che per quella satellitare. La conquista di maggiore capacità si gioca sia aumentando lo spettro di frequenze, sia riducendo le dimensioni delle celle. L'incremento di capacità può essere utilizzato per portare più comunicazioni ma anche per dare maggiore capacità alla singola comunicazione (per consentire ad esempio comunicazioni multimediali o dati ad alta velocità).

La ricerca nel settore delle antenne intelligenti aiuta nel focalizzare il fascio elettromagnetico, riducendo la potenza richiesta sia all’antenna sia al ricevitore (quindi consumando meno batterie). La comunicazione satellitare può essere combinata con quella terrestre per la fornitura di servizi interattivi (flusso ad alta velocità dal satellite e ritorno via terrestre per consentire interazioni, o più recentemente prototipi di applicazioni a livello di consumer).

Il software è un componente fondamentale per rendere l’informazione disponibile a tutti. Oggi possiamo classificare i contributi del software in tre grandi settori: a livello della infrastruttura, delle applicazioni e della navigazione-comprensione.

A livello della infrastruttura il software deve disaccoppiare gli aspetti fisici dal mondo delle applicazioni, rendendone possibile la evoluzione indipendente. Questo tipo di software fornisce inoltre una varietà di servizi di base, chiamati anche servizi di rete, quali l'instradamento intelligente, la tassazione, la supervisione e il controllo, la gestione delle risorse di rete e dei servizi. Chiaramente l'interazione tra questo software e gli apparati di telecomunicazione è molto stretta e richiede uno sforzo congiunto nella progettazione.

A livello delle applicazioni si assiste ad una forte crescita del ruolo dei fornitori di servizi. La maggior parte della ricerca proviene dal mondo IT, ma sono in corso alcune attività congiunte per rendere le risorse di rete, incluse le capacità di processamento e le informazioni, disponibili ai fornitori di servizi. Esempi in questo settore sono Java e Telescript.

Un ultimo contributo del software è destinato a giocare un ruolo di primo piano nella futura Società dell'Informazione. Sarà infatti disponibile una quantità tale di informazioni che emergerà fortissimo il bisogno di discriminare tra le tante quelle di interesse. Saranno quindi essenziali aiuti per la "navigazione" (sia per l'analisi delle informazioni che ci giungeranno che per il reperimento di quelle sparse sulla rete o connesse ad essa), così come la disponibilità di software che faciliti la creazione di nuovi business, similmente a quanto è accaduto per il mercato dei PC, in cui l'esistenza di standard de facto a livello del sistema operativo ha stimolato la crescita del mercato delle applicazioni.

6.3 Le nuove sfide per i centri di ricerca TLC

Un'intensa interazione tra TLC e IT rappresenta in questo momento una costante per i centri di ricerca nelle TLC. L'integrazione tra questi due mondi è forse la principale sfida. Non c'è da meravigliarsi, pertanto, se negli ultimi anni si è assistito ad una riorganizzazione sostanziale dei laboratori dei vari operatori telefonici, di modo che le attività di studio e sperimentazione nei due campi citati fossero quanto più possibile integrate tra loro. Accanto a questa tematica, e comunque strettamente connesso con essa, lo sviluppo di infrastrutture in grado di sostenere lo sviluppo di nuove forme di comunicazione terrestre e wireless o satellitare rappresenta un'importante campo di attività.

L'apertura alla concorrenza ha reso la gestione di queste due problematiche particolarmente intricata. A livello dell'infrastruttura si assiste infatti alla nascita di nuovi backbone (ad esempio quelli realizzati da aziende che hanno una presenza capillare sul territorio, come le ferrovie, le autostrade o le aziende elettriche) e alla loro interconnessione con reti di accesso, sia di tipo wireless o CATV sia, in particolare per l'utenza affari, con reti private (che spesso sono reti di calcolatori).

Si presenta dunque il problema della presenza simultanea di più reti parziali: la sfida per la ricerca è quella di assicurare l'interoperabilità e l'interconnettività di tutte queste reti, tenendo presente che la varietà attuale non diminuirà negli anni a venire. La questione non è affatto semplice, in quanto esse possono assumere l’una o l'altra delle due configurazioni oggi in conflitto: rete di telecomunicazioni o rete di computer.

L'architettura di base di una rete di computer prevede una serie di gateway intelligenti connessi da un puro mezzo di trasporto. Non esiste un controllo centrale, e le risorse sono condivise attribuendole secondo il criterio "primo arrivato-primo servito". L'assenza di risorse riservate favorisce un uso più flessibile del network e facilita il controllo, ma impedisce di assicurare un livello qualitativo predefinito (perciò, ad esempio, servizi che richiedono una larghezza di banda minima non possono funzionare a dovere in Internet).

Una rete di telecomunicazioni si basa invece sul funzionamento di commutatori, che costituiscono il “cervello” della rete (i depositari dell'intelligenza) e ne determinano la funzionalità. Uno sviluppo basato su reti di telecomunicazioni significherebbe quindi puntare su un miglioramento dei commutatori principali: essi fornirebbero tutti i servizi necessari interagendo con la dotazione di attrezzature di cui dispone il cliente. II vantaggio di questa architettura è che il controllo e l'assicurazione di qualità sono una caratteristica intrinseca del network (esiste un responsabile, mentre nel precedente modello si ha una federazione di sistemi e di network, come nel caso di internet).

Una ulteriore sfida per la ricerca è quella di assicurare che le scelte di evoluzione dell'infrastruttura odierna non si traducano in investimenti a perdere nel giro di pochi anni ma siano invece una piattaforma su cui costruire ulteriori evoluzioni. Le difficoltà in merito alla convenienza nell'intraprendere nuovi investimenti, in particolare in infrastrutture, dipendono però anche da tematiche di carattere non solo tecnologico, ma anche legate agli aspetti politici della deregolamentazione. Nel corso degli ultimi anni, questo fattore ha rappresentato un elemento di grande incertezza per gli operatori.

In considerazione della costante riduzione dei costi per la realizzazione delle infrastrutture, nonché dell'obsolescenza tecnologica cui sempre più queste sono soggette, le conseguenze sulla gestione di una società di telecomunicazioni sono sconvolgenti. Da un lato vi è la pressione ad investire comunque per stare al passo con l'evoluzione tecnologica, vista l’esasperata competitività del settore e il timore di essere scalzati da concorrenti più moderni ed aggressivi; dall'altro, diventa praticamente impossibile recuperare appieno il costo degli investimenti sostenuti, tanto che per alcuni potrebbe risultare preferibile la strada di evitare investimenti hard (come quelli nelle infrastrutture) e puntare solo su aspetti soft come i servizi, avendo comunque garantito l'accesso alle infrastrutture a prezzi convenienti. Quest'ultima è stata la strategia scelta da nuovi competitor, entrati in gioco grazie alla deregolamentazione del mercato. La mancanza di consistenti investimenti in infrastrutture e la rinuncia a consistenti investimenti in R&S, ha permesso a questi soggetti di adottare strategie di prezzo particolarmente aggressive.

Un altro elemento importante da monitorare è quello dei servizi nelle TLC, che sta infatti diventando un terreno fertile di opportunità per molte PMI. E’ sempre più reale la possibilità di offrire una grande varietà di servizi, ciascuno reso accessibile in vaste aree geografiche, anche se di interesse per specifici segmenti di mercato. Possono quindi sorgere molte micro-imprese in grado di sfruttare mercati di nicchia geograficamente molto distribuiti.

Queste evoluzioni stanno orientando la ricerca verso lo studio di modalità di fornitura rapida di nuovi servizi, con una crescente personalizzazione. Vi saranno probabilmente diversi fornitori di servizi, e la disponibilità di vari centri servizi a supporto come content provider. Questi centri potrebbero diventare parte dell'offerta degli operatori di telecomunicazioni o essere gestiti da altri; dovranno fornire funzionalità di gestione come customer care, tassazione, sicurezza.

Per prosperare, questi mercati hanno bisogno di stabilità delle funzioni di base fornite dall'infrastruttura, e questo è un preciso requisito verso lo strato del modello identificato come "intelligenza di rete". Esso ha la fondamentale funzione di disaccoppiare l’infrastruttura fisica dai servizi offerti: si crea cioè un'interfaccia che mascheri agli occhi dell'utente le differenze fisiche (che si è detto permarranno) nelle infrastrutture, permettendogli comunque di fare affidamento su una serie di funzionalità garantite. A questo proposito sorge il problema, già accennato, della localizzazione dell'intelligenza nel network.

Secondo una prima visione, l'intelligenza risiederà nei terminali e nei servers (cioè neanche ai margini del network, ma fuori dallo stesso). Infatti i terminali (siano essi telefoni, pc o PBX) sono basati su potenti computer, e il trend è verso un aumento della potenza di calcolo nei prossimi anni. Ai network verrà richiesta una capacità di trasporto di base, larghezza di banda, affidabilità a basso costo. Alcuni sostengono che le applicazioni per il routing intelligente e per la tassazione a livello di singola transazione stanno diventando disponibili, e l'elaborazione distribuita fra terminali è già possibile. Perché allora preoccuparsi dell'intelligenza del network? Se questa sta per diventare una realtà, ci si dovrebbe concentrare sull'uso efficace delle risorse per ridurre i costi ed incrementare l'affidabilità. Questa visione del futuro ha però degli inconvenienti, dato che richiede non solo intelligenza nei terminali, ma anche capacità di mantenerla per un lungo periodo di tempo in sincronia con i servers. È vero che oggi non è difficile caricare appropriate applicazioni o programmi da un server per aggiornare la configurazione del proprio pc, ma non è tanto facile che ognuno sia capace di farlo. II reale potere della rete di telecomunicazioni odierna (ed è stata la sua forza fin dall'inizio) è quello di assicurare compatibilità. Farla funzionare non è un problema del consumatore, ma dell'operatore. Ciò è qualcosa a cui gli utenti si sono abituati, e a cui resteranno legati per molti anni.

Il discorso può essere diverso per i clienti business, che potrebbero voler investire risorse nell'organizzare la loro "rete virtuale" sfruttando l'intelligenza nelle reti aziendali, nelle persone e nelle attrezzature.

E’ probabile che in futuro avremo un mix di intelligenza, parte nel network e parte fuori, nei terminali: il bilanciamento tra di esse continuerà a spostarsi e sarà legato a specifici servizi. Tecnologie come Java permettono di rendere più facile collegare l'intelligenza dei servizi con i terminali, ma allo stesso tempo diviene possibile un legame tra l'intelligenza del network e quella dei terminali.

Le discussioni relative alle caratteristiche che dovrà avere la rete in futuro, se legate alle prevedibili evoluzioni tecnologiche e commerciali a partire dalla situazione odierna, rischiano però di non trovare alcun riscontro pratico a seguito di eventi che potrebbero privarle di qualsiasi validità. In particolare, nella formulazione di un plausibile scenario del settore da qui al 2010 circa, tre tendenze potrebbero sconvolgere completamente le previsioni, incidendo sia sui tempi previsti delle varie tappe dell'evoluzione che sulle traiettorie che questa seguirà:

6.4 Il ruolo di Cselt nelle attività di ricerca del Gruppo Telecom

Il progetto di fondare un centro di ricerca nelle telecomunicazioni risale alla metà degli anni ’50, quando Giovanni Oglietti, l’allora direttore generale della Stipel, una delle cinque società abilitate all’esercizio delle telecomunicazioni dopo la riorganizzazione del 1923 91, ne percepì l’esigenza per affrontare le difficili sfide del settore nella specifica realtà italiana. Viene pertanto fondato, presso la sede di Torino della Stipel, lo Cselt (Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni), con l’obiettivo di rappresentare un punto di riferimento tecnologico per il settore. L’allora Società Torinese Esercizi Telefonici (Stet) ne detiene il controllo. Nel 1964 nasce poi la Sip, in quanto la Stet completa il raggruppamento, sotto il proprio controllo, di tutti i cinque operatori nazionali.

Il sistema italiano delle telecomunicazioni si presentava, negli anni ’50. complessivamente arretrato, in particolare per i limitati investimenti delle due società centro-meridionali (che si riflettevano nella precarietà degli impianti, a causa della scelta di saturarne l’utilizzazione anziché adeguarne la dotazione alla crescita della domanda di servizi). Emergeva quindi pressante l’esigenza strategica di accelerare la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica nel sistema delle telecomunicazioni. Si pone in quest’ottica la costituzione, nel dicembre del 1964, a Torino, dello Cselt, che divenne società controllata dalla Stet, secondo il modello dei laboratori del Bell System.

Cselt spa sarà, fino ai primi mesi del 2001, la società del Gruppo Telecom per lo studio, la ricerca, la sperimentazione e la qualificazione nelle telecomunicazioni e nelle tecnologie dell’informazione. Il suo scopo sarà quello di assicurare che le migliori competenze tecnologiche siano disponibili a ciascuna delle società del gruppo per le loro attività nei mercati nazionali ed internazionali.

Oggi Cselt occupa a Torino quattro edifici separati da pochi chilometri ma collegati tramite linee di telecomunicazione ad alta velocità. Le strutture sono andate crescendo negli anni in risposta alla tendenza, ancora in corso, verso lo sviluppo delle attività del centro (in un contesto, quello delle TLC, dove la strategia più diffusa è quella del ridimensionamento delle attività di ricerca) ed alle crescenti esigenze di spazio per i laboratori. I quattro complessi di edifici rendono disponibile una superficie che supera i 30.000 mq, di cui oltre 13.000 attrezzati per i laboratori, e ospitano ogni giorno circa 1.100 persone. La torre, sede di un laboratorio per studi di propagazione, è diventata negli anni il simbolo dello Cselt.

Il personale dello Cselt è ormai stabilmente intorno alle 1200 unità da vari anni. Per quanto riguarda il fatturato, esso si è stabilizzato intorno ai 260 miliardi di lire.

Interessante la dinamica dei proventi da società fuori dal Gruppo Telecom, che può essere presa come proxy significativa del grado di apertura al mercato dell’attività del centro. Questo valore è leggermente cresciuto negli ultimi anni.

6.5 L’evoluzione nel corso degli ultimi anni

La privatizzazione del Gruppo Telecom

Gli anni ’90 hanno determinato significativi cambiamenti nel Gruppo Telecom Italia. In particolare, nella seconda parte del decennio, il processo di privatizzazione ha portato l’ex operatore monopolista a confrontarsi con investitori privati e con le regole dei mercati finanziari. La privatizzazione di Telecom ha fatto storia in Italia ed in Europa. Fondamentalmente, due fasi importanti hanno contraddistinto la trasformazione del gruppo.

La prima tappa è la fusione di Telecom Italia nella Stet ed il cambiamento della ragione sociale del gruppo in Telecom Italia. Contemporaneamente, dal 20 al 24 ottobre 1997 ha avuto luogo l’offerta pubblica di vendita da parte del Ministero del tesoro, che ha ceduto al mercato la quota di maggioranza del gruppo, mantenendo comunque la cosiddetta golden share. La seconda fase della privatizzazione ha inizio nel febbraio del 1999, quando la cordata capitanata da Roberto Colaninno, del Gruppo Olivetti/Tecnost, principale concorrente di Telecom nel mercato della telefonia fissa e mobile, lancia una delle più grandi offerte pubbliche d’acquisto della storia delle borse europee. Colaninno e i suoi soci finanziari, riescono, nel maggio dello stesso anno ad entrare in possesso del pacchetto di maggioranza, con l’approvazione del Ministero del Tesoro (detentore delle golden share, che avrebbe in linea di principio potuto impedire questo evento).

Gli anni successivi alla scalata sono segnati da profondi cambiamenti all’interno del gruppo. In particolare, le società partecipate vengono suddivise in sette grandi business units, ognuna responsabile di un particolare settore di attività del gruppo. Cselt, e poi successivamente Telecom Italia Lab (TILab), viene collocata nella BU venture capital & innovation, e pertanto viene confermato il suo ruolo di supporto alle attività di R&S del gruppo.

Cselt: le prime modifiche del dopo-privatizzazione

La mission di Cselt, nei periodi successivi alla privatizzazione, viene sintetizzata così:

“mantenere il livello di eccellenza delle competenze nei settori TLC e information technology tramite studi, sviluppi e sperimentazioni, e renderle disponibili a supporto delle società affiliate”.

Il vertice direzionale dello Cselt comprende il presidente, il presidente onorario e il direttore generale. Le società consociate indirizzano l’evoluzione delle attività del centro attraverso il Comitato tecnico (composto dai loro rappresentanti) e il Consiglio di amministrazione. Il primo, in particolare, ha un ruolo fondamentale nella scelta dei campi di azione da seguire, con responsabilità di approvazione e commento dei piani proposti dall’azienda. Ad essi si affianca un comitato scientifico composto da docenti universitari ed esperti internazionali nei settori TLC e IT, che fornisce alcuni importanti punti di riferimento per la ricerca nel centro.

La struttura organizzativa di Cselt, frutto della riorganizzazione del 1997, individua undici aree, che dipendono organizzativamente dal direttore generale. Cinque di queste sono responsabili del core business, cioè della ricerca, mentre le altre sei sono più propriamente funzioni di staff o di supporto (pianificazione e qualità, attività internazionali e relazioni esterne, personale ed organizzazione, amministrazione e controllo, immobili e servizi, sistema Informativo).

La ricerca è strutturata secondo ampie aree di problema (nel tentativo di ricomprenderne tutte le sfaccettature) sulle quali si è fondata la ripartizione organizzativa:

Ciascuna area presidia determinate tecnologie di base, rispettivamente: codifica del segnale-reti neurali e riconoscimento vocale, microelettronica, optoelettronica e fotonica, propagazione radio e tecnologie software. Una singola area può comprendere anche alcuni servizi di supporto che, pur essendo fruiti a livello globale, trovano particolari sinergie con la stessa, come il CAD e l’officina.

Verranno ora descritte brevemente le specifiche problematiche relative a ciascuna area di ricerca.

Pianificazione e gestione reti. Viene affrontato l’intero insieme di problemi e tecnologie in materia di pianificazione delle reti e gestione di reti e servizi. Una efficace gestione è un fattore competitivo di primaria importanza per un operatore, in quanto permette, sfruttando le nuove tecnologie, di ridurre i costi ed aumentare la qualità per i clienti offrendo flessibilità, rapidità e personalizzazione.

Commutazione e servizi di rete. In un momento in cui le infrastrutture di telecomunicazioni stanno attraversando una fase di profondo cambiamento sotto la spinta di nuove tecnologie, questa direzione veniva chiamata a contribuire – con analisi, ideazione e qualificazione – al miglior funzionamento della rete e degli apparati attuali. Era inoltre suo compito ideare, sperimentare e contribuire all’inserimento in rete di soluzioni avanzate basate su nuove architetture e tecnologie, con particolare riferimento alla rete intelligente e a quella a larga banda.

Trasmissione e tecnologie ottiche. Particolare importanza viene affidata a questa direzione che attirava gran parte degli investimenti grazie alla presenza di nuove tecnologie e opportunità di mercato. I responsabili si proponevano di rispondere al meglio a problematiche complessive, considerato che l’evoluzione di questo settore è condizionata dall’estensione e complessità delle strutture.

Servizi mobili e radio. La vera e propria “esplosione” del mercato della telefonia cellulare, nel corso degli anni ’90, che ha portato Telecom Italia Mobile ad essere il maggiore operatore in Europa e uno dei primi al mondo ha dato ulteriore enfasi agli studi in questo settore. La Direzione servizi mobili radio è evoluta sia nelle ricerche sia nel modo di fornire il proprio supporto ai gestori (Telecom Italia Mobile e Telecom Italia) nonché a Stet International, per rispondere ai maggiori bisogni sia nel mercato nazionale sia in quello internazionale.

Servizi per l’utilizzatore finale. La Direzione servizi per l’utilizzatore finale studiava i diversi aspetti (tra cui l’utilizzabilità) legati ai servizi di oggi e a quelli futuri, incluse le tecnologie di base come la sintesi e riconoscimento della voce, il riconoscimento dell’immagine, le reti neurali. Venivano anche studiati gli aspetti collegati ad internet.

L’introduzione dei cluster.

La struttura delle direzioni, pur apportando innegabili benefici, è stata oggetto di riorganizzazioni nel corso degli anni, in modo da rispondere alle nuove esigenze del gruppo. Sebbene i settori tecnologici monitorati fossero effettivamente quelli che stavano diventando gli elementi chiave della nuova realtà delle telecomunicazioni, l’organizzazione del lavoro “per tematiche” è apparsa progressivamente bisognosa di ulteriori interventi organizzativi per adattarsi al meglio alla flessibilità richiesta dalla tipologia delle nuove commesse, caratterizzate da un crescente contenuto sistemico.

Gradualmente la struttura per direzioni viene così affiancata da un’organizzazione del lavoro per progetti. L’altissimo grado di interdisciplinarietà richiesto per risolvere le commesse affidate a Cselt dalle altre società del gruppo, rendono infatti necessaria questa soluzione “sistemica”. Inoltre, una maggiore attenzione alla localizzazione e alla tipologia delle fonti di costo spinge il management del centro a introdurre una struttura più agevole da controllare, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità di informazioni precise e puntuali sulla struttura dei costi diretti.

La logica del project management si compie nel luglio del 1999, quando Cselt viene riorganizzato secondo un approccio matriciale, con un rafforzamento significativo del ruolo dei responsabili di progetto.

Non si tratta però solamente di una riorganizzazione a livello di gestione dei progetti, che comunque era già presente nel sistema delle direzioni. Vengono infatti introdotte anche due nuove dimensioni che modificano radicalmente la precedente struttura: le macroaree e i cluster.

I progetti commissionati dai clienti del gruppo vengono così raggruppati in nove cluster, definiti a seconda della natura specifica del prodotto. I nove cluster vengono concentrati nell’Area pianificazione e gestione progetti.

L’idea è quella di avere un’attività di ricerca di diretta applicabilità ai problemi del cliente, con una

fatturazione immediata e puntuale per le singole operazioni, da poter presentare al cliente, permettendogli di poter associare in maniera univoca costi e risultati del suo investimento in Cselt.

A questa attività di R&S e problem solving di breve periodo per i vari clienti, vengono affiancate tutta una serie di altre funzioni di supporto, tra cui una R&S di medio-lungo periodo finanziata essenzialmente attraverso contributi del livello corporate e finanziamenti pubblici nazionali ed europei.

A livello di competenze, vengono identificate tre grandi macroaree, da presidiare con investimenti in R&S di lungo periodo, finalizzate allo sviluppo di capacità non direttamente associabili ad applicazioni di breve/medio periodo, e quindi in genere non commissionate da clienti interni al gruppo, ma guidate dalla vision dei ricercatori. Queste tre macroraree sono:

Un comitato di direzione viene preposto alla verifica del corretto funzionamento della struttura matriciale, ed in particolare alla supervisione delle richieste e delle tematiche coperte dalle macroaree, assicurando una corretta coesione con le necessità dei cluster. Accanto a queste macroaree, vengono individuate altre quattro funzioni di supporto all’attività di R&S ed in generale alle necessità del centro:

I risultati sperati di queste riorganizzazioni erano duplici. Da un lato la struttura sarebbe dovuta diventare più agile sul lato clienti, controllando in maniera più precisa i propri costi. Inoltre, dopo l’inevitabile periodo di transizione anche i ricercatori abituati ad operare “lontano dalle pressioni del mercato” avrebbero dovuto comprendere la necessità di interagire in maniera costante con il cliente, sia esso interno al gruppo, o addirittura esterno a Telecom Italia. Prende perciò corpo una logica “di mercato” in cui è importante far percepire al cliente il valore derivante dall’attività di ricerca svolta.

Proprio questa tematica della valorizzazione dell’attività di ricerca rappresenta una importante sfida per Cselt e comporta anche alcune difficoltà. Infatti, in un contesto nato per privilegiare un rapporto “particolare” tra la capogruppo e il proprio centro di ricerca, lontano dunque da una contrattazione di tipo cliente-fornitore, certe dinamiche di mercato non riescono a svilupparsi pienamente. E’ ovvio, infatti, che un cliente interno al gruppo è un cliente molto particolare per il centro di ricerca.

Sarà proprio il reindirizzo della mission del centro l’obiettivo della riorganizzazione pensata nel corso del 2001, con l’avvio di TILab. Trasformare Cselt in una organizzazione che di fatto vende competitività, che riesce a fissare un prezzo per i propri servizi, che riesce a identificare e a comunicare il valore economico delle attività svolte è almeno in parte la nuova priorità.

Risulta determinante anche la nuova possibilità di fatturare e vedersi remunerato il proprio lavoro dalle altre società del gruppo non più “al costo del servizio prestato” ma “ad un prezzo di mercato attraverso forme diverse di vendita delle soluzioni” (che possono essere ad anno uomo, a corpo, a servizio).Ciò è risultato piuttosto immediato per i progetti in cui i risultati non avevano una natura continuativa ed erano facilmente identificabili, mentre in altri casi le difficoltà si sono rivelate più consistenti, anche per la necessità di coinvolgere tutti i clienti nella nuova logica.

Quest’ultima osservazione introduce un’altra importante considerazione circa la diversa disponibilità da parte dei clienti del gruppo ad accettare questa logica “di mercato”. Alcuni colloqui con i capi progetto hanno evidenziato una diversa percezione delle competenze e delle disponibilità del cliente, a seconda della sua appartenenza alle diverse società del gruppo (Telecom, Tim, Tin). Sebbene anche questa possa essere considerata una situazione transitoria, l’elemento culturale è senza dubbio uno dei fattori da tenere in considerazione.

Un’ulteriore considerazione può essere formulata sulla struttura dei costi del centro. La logica per progetti dovrebbe prevedere un sistema di imputazione dei costi indiretti, derivanti dalla struttura e soprattutto dalla ricerca di base (non imputabile a singole commesse del cliente), tenere conto dei diversi mercati di sbocco dei singoli progetti, della diversa pressione da parte della concorrenza e dunque della diversa possibilità di margini operativi. Tuttavia, nei centri di ricerca vengono prese in considerazione soprattutto tematiche di carattere tecnico, dato che i costi fissi di questo tipo da imputare ai vari centri di costo, rappresentano una percentuale consistente dei costi totali.

Un’ultima importante difficoltà per l’apertura al mercato dell’attività svolta da Cselt, è data dal fatto che la dimensione media dei progetti sviluppati per il cliente (in termini di anni uomo) è piuttosto elevata. Rapporti di benchmarking hanno rilevato come effettivamente questa sia una caratteristica del centro rispetto ai valori medi europei e statunitensi. Inoltre, i progetti Cselt hanno un carattere piuttosto continuativo, ed è molto facile che un progetto attivato nominalmente nel corso di un esercizio, non rappresenti altro che la continuazione, con altri obiettivi o in contesti diversi, di attività già svolte negli anni passati per l’operatore. Questo elemento di routine è fondato sul carattere duraturo e di lungo termine dei rapporti tra Cselt e le altre società del gruppo, ma difficilmente potrebbe essere esportabile sul mercato, se non in contesti molto particolari che verranno presi in considerazione in seguito.

Verso TILab

L’apertura al mercato, la ricerca di nuove risorse economiche e nuove conoscenze all’esterno del gruppo, ha rappresentato negli ultimi anni una delle sfide principali per la riorganizzazione dei centri di ricerca americani ed europei. Come è stato più volte ricordato, il motivo determinante di questa scelta è duplice. Da un lato, la crescente competitività sul lato dell’offerta, che ha spinto gli operatori telefonici a rivedere profondamente le proprie strutture e i propri costi. Dall’altra, la crescente complessità e la necessità di integrare tematiche e settori di ricerca, ha fatto lievitare i costi dei centri.

Si possono segnalare le seguenti modifiche nella struttura dei centri di ricerca che si stanno aprendo alla competizione al di fuori del gruppo di appartenenza:

Telecom Italia Lab (TILab) è la società del Gruppo Telecom Italia costituita il 1° marzo 2001 attraverso l’integrazione della Business unit venture capital and innovation, dei laboratori di ricerca Cselt di Torino, del Future Centre di Venezia, del Consumer Lab di Roma e dell’Osservatorio sulle Tecnologie di San Francisco in California.

La struttura del nuovo gruppo risponde all’esigenza di perseguire una mission più ampia di quella di Cselt, e cioè: “sviluppare l’innovazione nel campo dell’information communication technology attraverso nuove tecnologie. Innovazione che si completa grazie alla capacità di individuare nuove opportunità di business attraverso attività di corporate venture capital”.

L’obiettivo della nuova struttura è quello di essere una innovation company a 360°, capace di sviluppare e sfruttare i molteplici e complessi risultati attesi dall’attività del gruppo. In questa sezione verrà schematizzata la struttura di TILab, rimandando ai prossimi paragrafi l’analisi delle attività svolte.

Telecom Italia Lab si articola in tre aree di business:

La Direzione technology integration & research si occupa delle attività di R&S applicate ad esigenze del cliente interno al Gruppo Telecom Italia o a clienti esterni. Le attività di ricerca di supporto hanno inoltre come obiettivo quello di monitorare lo sviluppo e l’integrazione delle tecnologie critiche per il settore IT e TLC (o ICT: Information Communication Technologies, frutto appunto di questa integrazione) e di sviluppare soluzioni e tecnologie che siano la base di nuove opportunità di business.

La Direzione venture capital ha come obiettivo quello di gestire la partecipazione in iniziative di start-up tecnologico nel settore ICT. Ciò avviene:

L’Area university iniziative management (già denominata ICT skill management) si occupa di gestire i rapporti con le università e con i centri di ricerca pubblici e dell’Interactive Design Institute di Ivrea, e diventa pertanto il soggetto responsabile della presenza e dello sviluppo delle competenze nel settore ICT. L’obiettivo di questa direzione è quello di assicurare al gruppo il necessario serbatoio di conoscenze tecniche nel settore ICT, e garantire il loro costante aggiornamento.

Accanto a queste aree di business esistono altre cinque aree di supporto, trasversali: “Finance, control & legal affairs”, “Strategy & business development”, “Communications & knowledge dissemination”, “Operational services” e “Human resources”.

L’obiettivo della nuova organizzazione è quello di essere estremamente flessibile anche nell’integrazione di nuove realtà, attraverso la formazione di realtà autonome, la partnership con soggetti esterni al Gruppo Telecom Italia, il finanziamento o l’investimento in nuove realtà imprenditoriali.

TILab è diventato, di fatto, l’ambito nel quale incubare e sviluppare nuove iniziative ad elevato contenuto innovativo, sia che esse derivino direttamente da attività di ricerca scientifica e tecnologica interna, sia che esse siano solo indirettamente collegate ad essa, e che riguardino per esempio alleanze strategiche, l’apertura di nuovi business, ecc. L’obiettivo principale è la piena valorizzazione delle competenze scientifiche e tecnologiche che sono state accumulate nel tempo nel corso di attività di ricerca di livello internazionale. Descriviamo qui di seguito alcune delle attività principali che secondo quest’ottica sono entrate nell’orbita di TILab, con proprie strutture autonome.

La prima è Loquendo, che nasce nel febbraio del 2001 con l’obiettivo di convogliare verso nuove possibilità di business le competenze pluriennali che hanno reso Cselt leader mondiale nel campo del riconoscimento vocale, dato che oggi il campo della Computer Telephone Integration è diventata un’importante area di business. Si tratta di una società specializzata nel trasferimento al mercato dei prodotti di una particolare tecnologia, sviluppata nei laboratori Cselt, ma non commercializzata direttamente da Telecom. L’offerta in questo caso si rivolge alle grandi aziende, agli operatori telefonici e agli internet provider. Il prodotto di punta si chiama VoxNauta, che attraverso un sistema di riconoscimento e sintesi vocale rende possibile l’accesso a banche dati o a navigazioni guidate (con menù a scelta multipla) su internet. La sede della società è a pochi metri dai laboratori dove lo sviluppo delle tecnologie di riconoscimento vocale ha luogo.

La seconda è Localport, una società che ha visto la partecipazione di operatori pubblici e privati piemontesi (Olivetti Lexikon, Telecom Italia Lab, New Venture Development, Eponet, Flextel, il Comune e l’Asl di Ivrea, l’Associazione degli Industriali del Canavese, Getronics, il Comune di Montalto Dora). L’obiettivo è stato quello di creare un portale internet locale, punto di riferimento della comunità di Ivrea e dintorni, per qualunque tipo di attività o interesse sul luogo. Probabilmente lo sviluppo dei portali cittadini, delle reti civiche e degli enti locali rappresenterà un business importante nei prossimi anni, e di conseguenza l’ambizione vuole essere quella di riuscire a trasferire su internet gran parte delle attività quotidiane svolte dagli abitanti di una data località. Il ritardo dell’Europa nei confronti degli Stati Uniti in questo particolare settore è particolarmente evidente da un veloce confronto tra le reti civiche o portali delle principali città; si può immaginare che con una maggiore penetrazione di internet, e soprattutto un più diffuso utilizzo di connessioni ad alta velocità, creerà le condizioni per colmare questo gap.

Dream Factory è il consorzio tra Telecom Italia Lab, Sviluppo Italia e Pars. L’oggetto sociale è quello di promuovere nuove idee di business nei settori tecnologici critici per lo sviluppo dell’information society. L’obiettivo è quello di fornire all’aspirante imprenditore le risorse finanziarie e le competenze necessarie per arrivare al trasferimento della sua idea sul mercato, a cominciare dal business plan vero e proprio, con la compilazione “guidata” on-line dal portale Dreambay.

6.6 Le priorità emergenti

La ricerca, lo sviluppo, l’integrazione

Possiamo innanzitutto descrivere i servizi che Cselt ha da sempre garantito al gruppo, e che oggi rientrano nell’ambito delle attività svolte dalla Direzione technology integration & research. Le attività di ricerca possono essere classificate in queste tipologie

Oltre a queste vengono svolti dei servizi continuativi (sia al Gruppo Telecom che ai terzi), tra cui le prove di conformità a standard, regression test, valutazione dei costi software, produzione di materiale audiovisivo codificato.

Uno degli impegni di maggior rilievo in questo momento di transizione e di fermento tecnologico è quello volto alla definizione degli standard. Essi hanno rivestito una notevole importanza fin dall’inizio delle TLC (la più “vecchia” organizzazione dell’attuale Onu è l’Unione Internazionale Telecomunicazioni, fondata nel 1861, quindi molto prima della stessa Onu cui oggi appartiene), ma oggi la loro rilevanza si è se possibile accresciuta. La competizione nelle TLC non si basa infatti solo sugli aspetti che traspaiono dai media, ma costituiscono terreno di “scontro” anche i seguenti campi:

Cselt partecipa attivamente, anche per conto del gruppo, a primari gruppi di standardizzazione. Tuttavia i profondi cambiamenti in corso portano a un diverso modo di definire e realizzare gli standard, con il declino delle attività effettuate all’interno degli organismi di standardizzazione classici e l’emergere di standard di prodotto (standard de facto) definiti all’interno di gruppi di interesse (o “forum”). Negli ultimi anni, dall’analisi di dati di bilancio e dalla descrizione dell’attività svolta, sembrerebbe emergere una tendenza, da parte degli operatori telefonici europei, di diminuire considerevolmente il loro impegno nella R&S di base, preferendo approfondire tematiche meno legate all’exploration e più finalizzate all’exploitation.

Questo modello sembra essere giustificato dalla già discussa crescita delle pressioni competitive conseguenti alla deregolamentazione dei mercati, ed in particolare dall’atteggiamento free rider, di gran parte dei nuovi concorrenti, capaci di proporre prezzi per prestazioni di buona qualità, particolarmente competitivi, anche per il fatto di non dover sopportare costi di struttura elevati. Quello che si è notato negli ultimi anni è stato il passaggio da un’attività particolarmente orientata alla ricerca per problemi di connectivity (relativi cioè solamente a problemi relativi all’infrastruttura e agli aspetti tecnici della comunicazione) ad attività di consulenza tecnica, orientate alla content + connectivity (che cioè oltre alle problematiche della connectivity, richiedono anche un’attenzione per la qualità e la varietà dei pacchetti informativi inviati). E’ interessante notare come i centri di ricerca americani abbiano seguito una strada diversa, introducendo problematiche di tipo content + connectivity, ma privilegiando la ricerca alle attività consulenziali.

Questo riposizionamento dei centri europei e americani per attività di ricerca il più possibile legata a problematiche di content e upper layer sembra una delle strade seguite per ridurre il più possibile il time to market del proprio portafoglio progetti. In particolare, accanto a questa scelta, si può sottolineare in diversi casi il ricorso sempre maggiore a forme di outsourcing, il passaggio di sempre più competenze alle business unit ed infine l’integrazione tra la “tradizionale” attività di R&D con le tematiche tipicamente IT.

Le priorità del 2001, per questa tipologia di operazioni, sono principalmente legate da un lato all’esigenza di assicurare al cliente Telecom, anche in questo periodo di transizione, la continuità per quanto riguarda le principali attività da sempre svolte da Cselt. Accanto a questa importante funzione, un altro elemento critico sarà rappresentato dall’integrazione delle competenze di Cselt con le nuove strutture di ricerca, osservatorio e incubazione di TILab, ed in particolare con il nuovo ufficio di San Francisco e il Future Centre di Venezia.

Per quanto riguarda l’attività di ricerca in sé, fra le altre sono state identificate come le aree di particolare interesse per i prossimi esercizi:

TILab: l’osservatorio e le collaborazioni tecnologiche.

Accanto alle attività di ricerca, sviluppo ed integrazione, direttamente rivolte allo sviluppo di competenze e alla risoluzione di problemi o esigenze di clienti interni al Gruppo Telecom, TILab si propone di valorizzare l’attività di ricerca in contesti nuovi, presi solo di recente in considerazione da parte del management di Cselt.

Come abbiamo già chiarito, la nascita di TILab e le sostanziali modifiche della Business unit venture capital di Telecom Italia, hanno determinato una apertura a nuove forme di trasferimento tecnologico da e verso le società del gruppo. Da sempre Cselt ha svolto un importante ruolo di “osservatore” delle tendenze in atto nei settori d’interesse per un operatore TLC (e oggi ICT), monitorando e anticipando quelle che negli anni sarebbero diventate le tecnologie qualificanti per un centro di ricerca. Oggi, il nuovo contesto strategico, garantisce all’attività di osservatorio, una serie di strumenti nuovi, che consentano a TILab, di rivolgersi in maniera molto più diretta e flessibile a soggetti esterni al Gruppo Telecom. In particolare sono due le categorie di soggetti per cui questi strumenti sono stati pensati. Si tratta da un lato delle piccole e medie imprese ICT e dall’altro dei “talenti” emergenti in questo settore. L’obiettivo è quello di ricercare e instaurare partnership (o acquisizioni) e assunzioni da parte di TILab, per rimanere sempre in possesso delle nuove competenze, muovendosi in anticipo rispetto alla concorrenza.

In questa sezione presenteremo il modello di TILab per l’interazione con soggetti esterni (in particolare, ma non solo, le Pmi), mentre nel paragrafo successivo verrà presentato il progetto rivolto alla ricerca e attrazione dei “talenti” ICT.

TILab si pone come soggetto di supporto alla nascita o sviluppo di Pmi operanti nel settore ICT. Nella vision elaborata l’origine di queste società può essere la più varia possibile.

In particolare, questo sistema di trasferimento dovrebbe essere in grado di “raccogliere” quegli spillover dell’attività di ricerca dei laboratori, di cui abbiamo parlato in precedenza; Loquendo rappresenta uno dei primi significativi esempi di questa attività. Inoltre, l’obiettivo è quello di presentare alle università o ad altri partner di media o piccola dimensione una serie di strumenti finanziari, di competenze e infrastrutture, per lo sviluppo di idee imprenditoriali.

L’obiettivo sperato è duplice. Da una parte si punta ad ottenere risultati in termini di innovazioni di prodotto o di processo da sfruttare internamente al gruppo, per il miglioramento di progetti in corso presso i laboratori. Dall’altra, qualora la prima soluzione non fosse praticabile, la creazione di spin-off, dove TILab mantenga una partecipazione nel capitale sociale, ma consenta ai ricercatori-soci-manager di operare sul mercato con un discreto margine di autonomia, senza dover comunque rinunciare al supporto dei laboratori Cselt, che invece rimangono a disposizione per lo sviluppo dei nuovi prodotti, nella particolare ottica fornitore-cliente interna al Gruppo Telecom Italia.

L’Area venture capital management ha come obiettivo proprio questo. La partnership con Mediocredito Centrale, e la presenza in Fintech, completano poi l’offerta TILab degli strumenti finanziari necessari al successo di quest’attività di incubazione.

I rischi e le possibilità connesse con un’attività di venture capital presentano senza dubbio una notevole complessità. Abbiamo già ricordato il particolare momento di sviluppo della information society, segnato in particolare da una certa diffidenza da parte dei mercati finanziari. Una maggiore pressione per la definizione di ricavi certi (o comunque possibili) e una maggiore concorrenza da parte di altri operatori finanziari, sono comunque accompagnate da una crescente domanda, da parte del mercato, di soggetti qualificati a ricercare e sostenere opportunità di business valide, arrivando, tramite analisi e studi di scenario quanto più rigorosi, a saper distinguere tra un investimento azzeccato e una scommessa azzardata.

Necessariamente, l’obiettivo di un centro di ricerca, o di un venture capital, deve essere quello di diventare e mantenere una posizione di early spotter di segnali e tendenze emergenti. Questo è possibile solamente se si dispone di strutture di “osservatorio” localizzate vicino alle fonti di innovazione, presso le università, i clienti, gli utilizzatori e gli altri concorrenti. Operare vicino a questi soggetti anche “fisicamente” è appunto essenziale per diminuire i costi di transazione per scambi di informazione, conoscenze, servizi e innovazione.

Uno scambio del genere è senza dubbio bidirezionale e va costruito in un’ottica di medio-lungo periodo, con stakeholders interessati a salvaguardare il loro rapporto con il centro di ricerca, in contesti di mercato o di collaborazione. La customizzazione dei prodotti e servizi di TILab non è operazione semplice e potenzialmente è anche rischiosa, visti i notevoli investimenti che il centro deve attuare per poter attrezzarsi e rispondere a certe esigenze.

Diventa pertanto utile disporre di strutture caratterizzate da buoni rapporti con realtà esterne al gruppo (utenti finali ma non solo), in grado di tradurre sensazioni o vision, sviluppate all’interno o all’esterno del gruppo, in scenari concreti e realistici. Questo, in particolare, è il compito che sempre più TILab sta assegnando al Future Centre di Venezia, una struttura rinnovata, in grado di instaurare e rafforzare attività di partnership e consulenza con piccole e medie imprese che vogliono entrare nel mondo dell’e-business, ma oggi con l’obiettivo specifico di realizzare per TILab veri e propri studi di scenario, valutando la fattibilità economica di certe iniziative/idee su cui il gruppo sta lavorando o potrebbe cominciare a lavorare.

Per un certo verso, l’obiettivo del Future Centre era quello di essere punto di riferimento per soggetti esterni al gruppo, interessati a rimanere aggiornati con lo sviluppo di nuove tecnologie e mercati, ed inoltre quello di promuovere l’introduzione di prodotti e servizi sviluppati da TILab. Ovviamente, a supporto dell’attività del centro, c’era l’ampio set di soluzioni e innovazioni sviluppato negli anni da Cselt, e i progetti più recentemente attivati da TILab. Il modello dunque voleva essere quello di una forma di consulenza e marketing per prodotti e soluzioni ICT disponibili in forma shelf innovation.

Recentemente, la nuova mission del centro è diventata quella di “tastare il polso” alla domanda di nuove tecnologie, analizzarla ed essere in grado di fornire a TILab uno strumento di passaggio dalla vision ad un business plan.

Il monitoraggio e la creazione delle nuove competenze: personnel retention talent scouting

L’attenzione alle risorse umane interne è senza dubbio prioritaria per TILab. I centri di ricerca nel settore delle TLC, in Italia e in Europa, hanno da sempre rappresentato un importante serbatoio di competenze da cui il resto del Gruppo Telecom ha spesso attinto a seconda delle specifiche esigenze del momento. La presenza di importanti competenze tecniche, il loro costante aggiornamento, rappresenta senza dubbio uno dei motivi più importanti per la configurazione di un rapporto privilegiato tra un operatore telefonico ed il suo centro di ricerca. L’apertura dei mercati su scala internazionale e l’emergere di nuovi competitor hanno rappresentato negli ultimi anni significativi elementi di tensione sul mercato dei talenti, sia tra gli operatori telefonici che con le aziende operanti in settori collegati.

A questo proposito, la remunerazione delle risorse umane impiegate nei centri di ricerca è aumentata negli ultimi anni in Cselt come in altri centri simili, e a ciò vanno aggiunti una serie di benefit tipici della R&S, caratterizzata da un ambiente e un’attività lavorativa particolarmente vicina agli interessi ed esigenze del soggetto, il continuo aggiornamento su tematiche di punta nel settore e la possibilità di essere incluso nel sistema di peer recognition tipico del mondo accademico. Sta di fatto che il mix offerto ai giovani con elevate competenze tecnologiche comprende sia la remunerazione economica in senso stretto, sia la possibilità di lavorare in un ambiente stimolante e con rilevanti possibilità di svolgere efficientemente attività di R&S.

In generale, si possono identificare fattori positivi e negativi collegati con un alto livello di turnover del personale, quale quello che attualmente caratterizza le risorse umane specializzate nelle TLC e nell’IT. Per un centro di ricerca il ricambio è spesso necessario, dato che la continua entrata di risorse umane ed idee fresche è un elemento molto positivo. La fuoriuscita di personale è poi particolarmente interessante ed utile se le persone trovano impiego in società interne al gruppo. In questo caso si mette appunto in moto quel modello di centro di ricerca, come “fucina di conoscenze” per l’impresa madre. Il turnover ha comunque anche dei costi non irrilevanti. Innanzitutto aumenta la difficoltà di gestione dei progetti di media e lunga durata. Inoltre la fuoriuscita di risorse chiave, porta con se anche la perdita di fattori di successo e competenze importanti per il centro, senza contare che poi se queste competenze vengono sfruttate dalla concorrenza, cioè al di fuori del gruppo, l’azienda madre sta finanziando indirettamente, attraverso il proprio centro di ricerca, l’addestramento e la qualificazione professionale delle risorse umane dei propri concorrenti.

In termini percentuali, nonostante le notevoli pressioni del mercato e la comparsa di nuovi soggetti, il turnover di Cselt è piuttosto basso. Ciò potrebbe essere anche giustificato dal fatto che la localizzazione del centro a Torino, crea una sorta di “barriera naturale” alla fuoriuscita delle più preziose risorse umane, per il fatto che i ricercatori, una volta lasciato Cselt, non sarebbero in grado di trovare offerte all’altezza delle loro competenze ed esperienze, senza dover essere costretti a trasferirsi in un’altra città. Ciò nonostante quello che dovrebbe essere l’elemento più importante da monitorare, non è tanto il livello del turnover, bensì la composizione dello stesso, distinguendo tra i movimenti intragruppo, in linea con il citato modello “fucina di conoscenze” e le fuoriuscite vere e proprie (per cause diverse da pensionamenti o licenziamenti) che si traducono tipicamente in trasferimenti presso concorrenti del centro di ricerca o dell’operatore telefonico stesso. Nel corso del 1999 è stata intrapresa una sostanziale modifica del sistema professionale dell’azienda. L’introduzione di tre figure professionali: il technical leader, il project manager, ed il competence (o cluster) manager, hanno completato sul lato del personale l’adozione del modello matriciale descritto in precedenza. Inoltre è stato promosso, sempre nello stesso anno un intenso programma di mobilità all’interno delle funzioni del centro, con un rafforzamento significativo dell’attività di aggiornamento del personale tecnico. L’azienda ha inoltre riconosciuto il problema delle fuoriuscite dal gruppo proponendosi di affrontare la questione in maniera più sistematica.

Accanto al mantenimento delle risorse umane per le attività “tradizionali” del Gruppo Telecom, oggi TILab si propone di attuare, attraverso il modello degli spin-off interni e degli incubatori, una forma di “fuoriuscita controllata”, garantendo ai soggetti che vogliono sviluppare in maniera autonoma propri progetti, la possibilità di farlo in un contesto quasi di mercato, dove comunque TILab mantiene il controllo societario, ma ai nuovi manager viene riconosciuta una certa autonomia nelle proprie scelte di commercializzazione e sviluppo del nuovo progetto/prodotto.

Inoltre, la ricerca di nuovi talenti viene sviluppata da TILab in un contesto nuovo, con la nuova Direzione ICT skill building, offrendo possibilità di entrata molto più variegate di quelle tradizionali. Accanto quindi a possibilità di stage, tesi di laurea o dottorato, e alle collaborazioni con enti accademici, il gruppo, con iniziative come Dreambay, vuole oggi rivolgersi a soggetti privati intraprendenti, con una propensione più business-like e non necessariamente collegati al mondo accademico o alla ricerca.

L’idea dunque di proporre un tradizionale contratto di assunzione, viene affiancata da proposte di partenariato, rivolte non ad imprese o ad aspiranti imprenditori, ma a soggetti privati con competenze e idee innovative nel campo dell’ICT.

Compito della divisione è inoltre quello di sviluppare iniziative mirate al rafforzamento delle competenze ICT interne ed esterne al gruppo. Le priorità per quest’anno sono rappresentate dal lancio di una serie di iniziative collegate all’e-learning, quali un modello di e-university e l’attività di pubblicazione di TILab.

6.7 TILab, verso il business model per una innovation company

Il recente sviluppo di Cselt e la creazione di TILab, si possono senza dubbio interpretare come una risposta alla duplice pressione alla quale sono stati sottoposti negli ultimi anni i centri di ricerca nelle TLC. Da un lato, l’esigenza di rispondere alle richieste di una capogruppo impegnata nella difesa (se non nello sviluppo) del proprio mercato, dopo l’entrata in campo di nuovi soggetti, grandi e piccoli, con modelli organizzativi più snelli, in grado di offrire prezzi competitivi per i medesimi servizi. Dall’altro la volontà di sfruttare in maniera appropriata la presenza di spillover all’attività di ricerca “su domanda” per il cliente, identificando nuovi mercati e nuove attività in grado di essere alimentate da queste esternalità. Nelle intenzioni del management di Telecom e di TILab, si è voluto abbandonare il modello del ”puro centro di R&S” , adottando un approccio di system integration

L’obiettivo della nuova compagine è quello di essere innovation company dove appunto l’innovazione e il management del fenomeno di innovazione continua rappresenta il prodotto o core business di TILab. Obiettivo senza dubbio ambizioso, vista la complessità del prodotto in questione, ma senza dubbio affascinante. In questo capitolo abbiamo visto che le scelte operate hanno privilegiato la presenza di una moltitudine di soggetti, di nuove alleanze con soggetti esterni al gruppo, nel mondo accademico ma non solo, per definire e rafforzare quello che in TILab chiamano knowledge network, che idealmente dovrebbe garantire una copertura dalla sorgente alla foce del processo di invenzione e innovazione, nonché di commercializzazione per le aree tecnologiche chiave oggi e per quelle vitali per domani. In Telecom ci si è accorti che tutto ciò non può essere compito di un solo soggetto, poiché la complessità, ma soprattutto la varietà delle competenze da mettere in campo è particolarmente elevata. Fin qui la chiave di lettura di questi eventi.

E’ facile prevedere che questo primo modello verrà testato nei prossimi anni e sarà estremamente interessante verificare se le ipotesi formulate dal management Telecom e TILab si riveleranno corrette. Due, in particolare, sono gli elementi che meriteranno un’attenta verifica negli anni.

Sarà senza dubbio opportuno ed interessante, continuare a seguire negli anni, lo sviluppo di un soggetto che per il panorama italiano, rappresenta un caso unico e un fatto particolarmente originale per il contesto europeo.

RINGRAZIAMENTI

Non sarebbe stato possibile scrivere questo caso senza aver trascorso numerose giornate in Cselt, soprattutto nel corso del 2000, a discutere di telecomunicazioni e R&S insieme a tante persone che ci hanno descritto dettagliatamente le loro attività e mansioni e ci hanno messo a disposizione la conoscenza da loro accumulata nel settore. Tra questi, vogliamo citare con amicizia e stima Fulvio Felice Faraci, Roberto Saracco, Aurora Amato, Francesca Mondello, Daniele Cerrato e Annalisa Moscatelli. Parte del materiale presentato è reperibile sui siti web delle società menzionate nel testo, ma la parte secondo noi più importante è frutto di interviste con i capi progetto e capi cluster di Cselt e soprattutto delle attente letture di Faraci e Saracco.